13 marzo – 23 aprile.
40 giorni dalla sospensione, in Ticino, della scuola dell’obbligo “in presenza”. Conosciamo un altro tempo di 40 giorni, appena trascorso, che nel cristianesimo ha un significato importantissimo: la quaresima. Così vicina sia per lessico che per contenuto all’idea di quarantena che in questi tempi è tornata a farsi conoscere.
Ma la quaresima non è un tempo fine a se stesso ed ha senso solo se orientata fortemente verso ciò a cui prepara: la Pasqua di Risurrezione. È sì necessario un passaggio attraverso la passione, la fatica e la sofferenza ma la quaresima prepara all’esperienza della Risurrezione.
Senza questo punto di arrivo, senza lo sguardo che vede oltre al tempo “di penitenza” quaresimale, quei 40 giorni sarebbero inutili, sterili, tristi.
Anche per la scuole e per il fronte dell’educazione i 40 giorni di “quarantena scolastica” appena trascorsi (e che non concludono il digiuno dalla scuola in presenza) non possono avere valore se non si guarda oltre, se non si attende qualcosa d’altro, se l’orizzonte resta quello della scuola a distanza, delle piattaforme, del digitale, del virtuale.
Si potranno fare valutazioni sulla digitalizzazione della scuola, sull’alfabetizzazione informatica e sull’età migliore a cui iniziarla, si valuterà la formazione dei docenti, si tireranno le somme sulle capacità di gestione delle piattaforme online e sulle reazioni dei docenti e del sistema scuola… Ma il nostro “oltre” cui gettare lo sguardo dovrà essere più profondo e ha a che fare con le relazioni. La relazione allievo-docente, quelle genitore-docente e genitore-figlio e anche la relazione politica-scuola o meglio dirigenti-docenti. È qui che ci sarà uno spazio di “risurrezione” perché come ha scritto un amico che si definisce “manovale dell’educazione” La didattica a distanza riempie. Non nutre.
Ora inizia una “fase 2” di allentamento delle restrizioni e di lenta ripresa di quella che è stata chiamata “normalità”. Per la scuola si punta, tra mille incertezze e proposte più o meno strambe, a ripartire il 10 maggio, allora i giorni trascorsi saranno quasi 60, ma il tempo per una vera riflessione sull’orizzonte non ce lo siamo presi, perché sovrastati dalle urgenze dell’emergenza. Ci sarà l’estate per pensare, capire, riflettere,… e sognare una scuola “risorta” senza minacce politiche, ripicche in parlamento, voti al massacro ma una scuola che al centro abbia davvero l’educazione e quegli attori (allievi e docenti) che, lo speriamo, in questo tempo hanno riscoperto la bellezza di quell’artigianato umano che è il crescere insieme anche sui banchi di scuola.